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La storia 
di Ionela 

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Sto piangendo come una fontana. I giorni, i mesi passano felici insieme alla nostra bambina, così felici che il ricordo della terapia intensiva è quasi svanito, non ci pensi più, o perlomeno non con dolore o con tristezza. Poi “bom” un giorno qualunque leggi un articolo, un racconto su una pagina fb di una storia analoga alla tua, e le lacrime iniziano a scendere dolcemente sul tuo viso, non riesci a controllare, ti sale un nodo alla gola e attraverso quelle parole che stai leggendo stai rivivendo tutto, tutto così intensamente che ti senti catapultata li, in quella sala parto, tremante con la paura di quella che accadrà perché te ne hanno dette di ogni, sola e spaventata, neanche te ne accorgi che è nata la tua bambina, neanche puoi vederla che la portano subito in incubatrice. Poi rivivi quelle notti in ospedale post parto, senza la tua bambina, hai il terrore di telefonate in TIN per paura di sentire brutte notizie, accanto a te c’è una mamma che ha appena partorito, la culla vicino al suo letto, sta allattando il suo bambino mentre tu vicino al letto hai il tiralatte e stai cercando di capire come funziona, ti hanno detto che il latte materno è importante quindi ti dai da fare.
Poi rivivi tutte quelle emozioni dei giorni seguenti, quando finalmente riesci ad andare a vedere la tua bambina dal vivo, ma un inondazione di lacrime ti offusca la vista, non vedi più nulla, non capisci più nulla, la paura prende il sopravvento e non riesci più a ragionare. Quella paura di perdere quella piccola creatura che ti accompagnerà per tutto il periodo del ricovero e certamente anche dopo le dimissioni. Sono stati così tanti giorni che hai avuto tempo di imparare la strada a memoria, ogni singola buca, ogni singolo cartello stradale. A distanza di mesi riesci a sentire ancora l’odore della terapia intensiva, di disinfettante. Riesci a ripercorrere con la mente tutto il percorso fatto ogni giorno, come se andassi al lavoro, entrare in ospedale: green pass, disinfettare le mani, salire le scale velocemente, come se quei pochi secondi che ti separano dal vedere la tua bimba possono fare la differenza dopo un’ora di strada, suonare il campanello aspettare qualcuno che ti apra, e poi ecco, varcare quella porta, che hai quasi paura di aprire, “chissà come sarà oggi”… togliere la giacca, lavare le mani, tirare fuori i contenitori con il latte tirato in mattinata, e con passi tremanti andare in direzione TIN. Sperare che nessun medico si avvicini, perché significa solo una cosa: brutte notizie.
Poi i giorni passano, e poi si avvicina la data presunta del parto, ti hanno detto che probabilmente sarà dimessa all’incirca quando doveva nascere, allora inizi ad acquistare tutto quello che serve, inizi a vivere quello che avevi messo in stand by: la felicità

Ora ne sono convita non passerà mai questa sensazione, è stato troppo intenso, è stato troppo per me. Avrò per sempre dentro il mio cuore un po’ di dolore. Ma che grazie alla mia bambina che oggi è qui con me sarà più facile.
Sono passati mesi, passeranno anni ma ci sarà sempre questa “ferita” nel mio cuore.
Ogni volta che leggerò un articolo o una storia riguardate di un bimbo nato prematuro quella storia sarà la mia e ritornerò sempre lì. Al periodo più difficile della mia vita.
Mamma di Mia. Nata a 25 settimane a soli 600 grammi. La mia piccola grande guerriera!

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